Il coniglio di peluche con cui mia figlia dodicenne, Lily, dormiva ogni notte.
Qualche dollaro che aveva risparmiato per il suo compleanno.
All’inizio pensai che si trattasse solo di distrazione. Ma quando le sparizioni continuarono e le spiegazioni non avevano senso, capii che c’era qualcosa che non andava.
—Mamma, stai buttando via le mie cose? —mi chiese Lily una sera, con la voce piena di preoccupazione.
Mi voltai dal lavandino, asciugandomi le mani su un asciugamano.
—Certo che no, tesoro. Perché lo pensi?
Incrociò le braccia.
—Perché le mie cose continuano a sparire! Il mio maglione blu, il mio quaderno con gli unicorni… e i soldi del mio compleanno sono spariti!
Un brivido mi corse lungo la schiena. Non si trattava solo di un paio di oggetti smarriti. C’era uno schema.
Mio marito, Daniel, era in un altro dei suoi viaggi di lavoro, il quarto in due mesi. Non era mai presente per rendersi conto di ciò che stava accadendo. A casa eravamo solo io e Lily.
—Forse li hai lasciati da qualche parte? —suggerii, anche se non credevo nemmeno io alle mie parole.
Lily scosse la testa con determinazione.
—No. So esattamente dove li ho messi. Qualcuno li sta prendendo, mamma.
Quella notte rimasi sveglia, ripensando alla nostra conversazione. Chi mai ruberebbe a una bambina? Poi un pensiero terrificante mi attraversò la mente. E se qualcuno fosse entrato in casa?
Tre giorni dopo, Lily corse in cucina con il volto arrossato dalla frustrazione.
—Mamma, il mio vestito rosa è sparito! Quello che abbiamo comprato per la cena del mio compleanno!
Il mio stomaco si strinse.
Quella sera aspettai che si addormentasse prima di accendere il computer e controllare le registrazioni della telecamera di sicurezza.
Minuti che scorrevano. Nulla.
Poi… un movimento.
Una figura apparve nell’inquadratura, muovendosi con calma e precisione. Il respiro mi si bloccò in gola mentre ingrandivo l’immagine.
Non era uno sconosciuto. Non era un ladro.
Era Vanessa. La sorella di Daniel.
Rimasi paralizzata.
Si muoveva con disinvoltura, come se fosse a casa sua. Aprì i cassetti di Lily, prese alcune magliette, le infilò nella borsa e poi si avvicinò al comodino. Raccolse qualche banconota accartocciata: i soldi del compleanno di Lily.
E se ne andò.
Le mani mi tremavano per la rabbia. Chiusi il portatile con un gesto secco, il respiro corto. Vanessa era sempre stata egoista e arrogante, ma questo? Rubare a mia figlia? Presi il telefono e composi il suo numero.
Rispose al terzo squillo.
—Oh, wow. Una telefonata notturna? Tutto bene, cara cognata?
—Non fare giochetti con me, Vanessa —sibilai tra i denti—. Ti ho vista con la telecamera.
Silenzio. Poi un sospiro annoiato.
—Oh, per l’amor del cielo. Non ho rubato nulla di importante. Tanto mi avresti dato quei vestiti, prima o poi.
—Hai rubato a mia figlia!
—Sophie… anche mia figlia ha bisogno di vestiti. Lily cresce in fretta, che differenza fa?
Strinsi i pugni.
—La differenza è che sei entrata in casa mia e hai rubato!
Lei sbuffò con finta esasperazione.
—Oh, non fare tanto rumore. Se ti dà così fastidio, dì a Daniel di mandarmi un po’ di soldi.
—Non osare coinvolgerlo in questa storia.
Rise piano.
—Oh, dai. Lo sai che sarà sempre dalla mia parte, vero?
E fu proprio quello a farmi più paura. Quando Daniel tornò a casa una settimana dopo, non persi tempo. Lo feci sedere e gli raccontai tutto. Ogni disgustoso dettaglio.
Mi ascoltò in silenzio, massaggiandosi le tempie, come se fossi io il problema.
Quando finii, sospirò pesantemente.
—Sophie, alla fine quei vestiti li avremmo dati comunque a Vanessa… Che differenza fa se li ha presi prima?
Mi alzai di scatto.
—Andiamo da Vanessa. Ci riprendiamo tutto quello che ha rubato.
Daniel esitò, ma non gli diedi scelta.
Quando arrivammo, Vanessa ci aprì la porta con un sorrisetto sprezzante. Accanto a lei, sua figlia indossava il maglione di Lily.
Guardai Daniel dritto negli occhi, la voce sorprendentemente calma.
—Lo vedi ora? Vuoi ancora difenderla?
Mi voltai e me ne andai.
Per settimane lottai con i miei pensieri. Ogni discussione, ogni scontro, ogni volta che Daniel mi guardava come se fossi io quella irragionevole. Una sera mi specchiai nella nostra stanza, le spalle curve sotto il peso del dubbio.
Avevo esagerato?
Sua sorella aveva rubato a nostra figlia, aveva violato la nostra casa, e lui voleva far finta che non fosse un problema?
E in quel momento capii.
Era finita.
Chiesi il divorzio.
—Mamma… cosa succederà adesso? —sussurrò Lily.
Le accarezzai i capelli e le baciai la fronte. Il mio cuore era pesante, ma per la prima volta dopo tanto tempo, mi sentivo… libera.
—Adesso, tesoro —mormorai con dolce fermezza—, ricominciamo. Solo io e te.
Lily esitò, poi sorrise. Un piccolo sorriso carico di speranza.
—Mi sembra una buona idea.
E mentre la guardavo, l’unica persona per cui valeva la pena combattere, sentii qualcosa che non provavo da anni.