Credeva di aver scattato solo una semplice foto… ma l’immagine rivelò qualcosa che non avrebbe mai dovuto vedere.

by zuzustory1303
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All’inizio pensai che fosse solo un pezzo di corallo, o forse una pianta marina trascinata dalle onde. Ma quando mi avvicinai, il respiro mi si bloccò in gola. Quelle forme erano inconfondibili: carnose, spesse, curve come se seguissero il vento. Dita. Non sapevo se vere o finte, ma erano dita — e ogni estremità terminava con una placca bianca e lucida, simile a un’unghia.

Mi chinai, spinto da una curiosità che sfiorava la paura. Un’onda colpì la roccia, e per un istante mi parve che quelle dita tremassero. Una si mosse davvero, lenta, come se avesse reagito al tocco freddo dell’acqua. Rimasi immobile, incapace di parlare. Sussurrai solo: «Che cosa sei?»

Tesi la mano, ma un gelo improvviso mi attraversò il corpo. Non era il vento — era come se qualcosa di invisibile mi stesse sfiorando. Il silenzio calò intorno a me, un silenzio irreale, pesante.

Poi udii dei passi dietro di me, lenti, trascinati sulla sabbia bagnata. Mi voltai e vidi il vecchio guardiano della spiaggia: il viso solcato come legno vecchio, gli occhi pallidi e lontani. Si fermò accanto a me, fissò la roccia e mormorò:
«Non toccarle. Sono le dita del mare.»

«Le dita di cosa?» chiesi, cercando di sorridere.  Appaiono solo dove il mare ha trattenuto qualcuno che non vuole lasciar andare», rispose piano. «Crescono sulle rocce quando un’anima non trova pace. Sono ricordi che hanno dimenticato come morire.»  Le sue parole mi fecero rabbrividire. Cercai di riderci sopra, ma nei suoi occhi non c’era ironia, solo ombra.

Dopo che se ne andò, scattai una foto, convinto che si trattasse di una semplice stranezza naturale. Ma quando guardai lo schermo, mi mancò l’aria. Nella foto c’era un dito in più — sette invece di sei. E quell’ultimo dito era piegato, puntava verso di me.

Quella notte non dormii. Continuavo a sentire nella mente la voce del vecchio: Il mare custodisce le sue anime.
Cercai spiegazioni. Scoprii che esiste davvero una creatura simile: Pollicipes pollicipes, detta anche anatra di mare. Crostacei che si attaccano alle rocce con steli carnosi e gusci duri, come unghie.

Ma il dettaglio più inquietante era un altro: crescono spesso su relitti affondati. Nei vecchi registri marittimi venivano chiamati le dita dei morti.

Aprii di nuovo la foto. Nello stesso punto in cui era apparso il settimo dito, notai un riflesso argenteo. Ingrandii l’immagine: un anello, annerito ma intatto. Mi tornò in mente la frase del guardiano. Il mare custodisce le sue anime.  Tornai lì il giorno dopo. La roccia era spoglia, come se nulla fosse mai esistito.

Solo una traccia umida e, tra due pietre, qualcosa che brillava. Era un piccolo anello metallico. Lo presi, e in quell’istante l’aria intorno cambiò. Mi sembrò che il mare trattenesse il respiro insieme a me.  Ora l’anello è in un barattolo di vetro pieno d’acqua salata, sulla mia scrivania.

A volte, di notte, quando tutto tace, sento un leggero sciabordio provenire da lì dentro. E l’acqua trema, come se qualcosa la toccasse dall’interno. Forse è solo suggestione, un riflesso, un gioco di luce. Ma ricordo il freddo che ho provato quel giorno. Ricordo quelle dita che si muovevano.
E so cosa ho visto.

Non mostro più quella foto a nessuno. L’ultima volta che l’ho aperta, su un altro computer, l’immagine si è caricata lentamente. Quando ho contato di nuovo, le dita erano diventate otto.

Dicono che il mare scelga chi guarda troppo a lungo nei suoi segreti.
E se un giorno ti capiterà di vedere qualcosa che si muove sotto le onde, non toccarla.
A volte il mare osserva in silenzio.
Ma altre volte… ti sta aspettando.

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