Per tre giorni avevo osservato il comportamento strano del mio cinghiale. Continuava a scavare nello stesso punto, come se qualcosa di nascosto lo chiamasse. All’inizio ho riso: chissà cosa passa per la testa di un maiale. Ma più lui scavava, più un senso di disagio mi invadeva.
La mattina, con la luce dorata del sole che scivolava sul cortile, c’era già una buca profonda fino al ginocchio. L’ho riempita più volte, ma lui tornava sempre. A mezzogiorno, persi la pazienza.

Presi una pala e iniziai a scavare dove lui era stato così ostinato. Chester, il cinghiale, stava dietro di me, sbuffando, quasi incitandomi a continuare. Dopo pochi minuti, la pala colpì qualcosa di solido.
Il mio cuore fece un balzo. Spinsi da parte il terreno e vidi un tessuto sbiadito, intriso di fango: un materiale spesso e blu, come un vecchio indumento. Un brivido mi attraversò. Non era una pietra o una radice… qualcosa era stato sepolto lì molto tempo fa.

Riuscivo a malapena a respirare. Mi chinai e, con le mani, spazzai via il fango. Dal terreno emerse una manica… vestiti attaccati a ossa. Un terrore gelido mi invase. Lasciai cadere la pala e corsi fuori dal recinto, chiamando la polizia con le mani tremanti. Le parole mi uscirono confuse: «Ho trovato… un corpo… nel cortile…».
Ora tutto aveva senso: il mio cinghiale aveva percepito il suo riposo. Rimasi immobile, incapace di credere di aver vissuto sopra questo segreto. La polizia ha riaperto il caso; l’ex proprietario è ricercato. E io sento ancora lo scricchiolio della terra e il grugnito di Chester: lui sapeva la verità prima di chiunque altro.